
Recensione “La città dei vivi”
Il dramma del male insito in ogni uomo
La mia prima recensione del 2025 riguarda un genere letterario che non avevo mai affrontato, il reportage, sebbene La città dei vivi non sia solo questo, ma anche una lunga riflessione dell’autore sul caso Varani e sull’immanenza del male.

Titolo: La città dei vivi
Autore: Nicola Lagioia
Anno di pubblicazione: 2020
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 472
Premi: Premio Internazionale Bottari Lattes Grinzane, il Premio Leogrande e il Premio Napoli 2021
Recensione
La città dei vivi ci porta dentro uno degli omicidi più sconcertanti della recente cronaca nera italiana. Nel 2016 due ragazzi romani uccidono un altro ragazzo, dopo giorni di sesso e cocaina, senza alcun motivo.
Ho apprezzato la penna dello scrittore, che riesce a rendere l’effettiva complessità psicologica dei personaggi, ma soprattutto, la complessità e l’ambivalenza di una città come Roma, città eterna che sopravvive a tutto, città che distrugge le illusioni, eppure dà tanto, anche allo stesso Nicola Lagioia, che non riesce a staccarsene.
Partendo da un reportage scritto da lui stesso, Lagioia si propone di esplorare le radici del male, interrogandosi sulle forze che spingono a compiere atti di violenza inaudita.
Il male non è una semplice questione di criminalità, ma una condizione che pervade la società e le relazioni umane, che emerge in modo violento e imprevedibile, spesso come una conseguenza di solitudine, disagio esistenziale e frustrazione.
Gli assassini protagonisti del romanzo infatti non sono figure completamente malvagie, ma uomini e donne che si muovono all’interno di un sistema che li rende incapaci di connettersi autenticamente con gli altri, finendo per cedere alla disperazione e alla spinta autodistruttiva.
Inizialmente sentivo tutti i personaggi di questa drammatica storia molto distanti da me, tuttavia Lagioia fin dall’inizio del romanzo ci dice che questo caso lo ossessionava per via di alcuni episodi del suo passato e nel momento in cui racconta questi frammenti di vita sono riuscita a comprendere meglio tutti i personaggi e come possa essere per nulla un’eccezione scivolare in un cono d’ombra da cui poi è difficile tirarsi indietro.
In questo senso il romanzo è una provocazione a confrontarsi con le ombre che abitano ogni individuo e la società intera.
L’autore fa inoltre una riflessione sul senso di colpa che mi sento di condividere e che mi ha ricordato la mia miglior lettura del 2024 (L’uomo che voleva essere colpevole). I due assassini, anche se si sono autoaccusati come colpevoli, dimostrano di ritenere che qualche strana entità abbia fatto commettere loro questo atto, rifiutando totalmente il fatto che abbiano scelto consapevolmente di uccidere, negando quindi il libero arbitrio.
Un romanzo affascinate, che fa capire che nessuno può dirsi mai veramente immune dal male.
Voto: 🌻🌻🌻🌻
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