
Recensione “Lolly Willowes”
Benritrovati Lettrici e Lettori del blog!
Oggi voglio parlarvi del miglior libro dell’anno fino a questo momento, ossia una splendida lettura femminista. Godetevi quindi la mia recensione di “Lolly Willowes” di Sylvia Townsend Warner.

Recensione
“Lolly Willowes o l’amoroso cacciatore” è stata una lettura che mi ha fatto apprezzare la figura della strega, che non è una donna che fa sortilegi e malefici, ma una donna che vuole vivere sola e in armonia con la natura.
Questo desiderio di indipendenza porta Laura “Lolly” Willowes a stringere un patto con il diavolo, un padrone che “non desidera e non giudica”, a differenza della famiglia con la quale è sempre vissuta.
I Willowes infatti ci vengono presentati come una famiglia conservatrice, legata alle tradizioni al punto tale che nella casa in cui sono vissuti da generazioni non hanno mai cambiato la disposizione dei mobili. In questo tipo di famiglia per una donna nata nella metà dell’Ottocento è inevitabile pensare che debba prendere marito, tuttavia Laura non mostra mai interesse per nessuno dei suoi pretendenti. Quando ai Willowes appare chiaro che Laura non si sposerà mai, ecco che viene vista come l’amabile zia Lolly che aiuta le cognate in casa e con i nipoti.
Tuttavia Laura, giunta a 47 anni, riesce a scrollarsi di dosso il modo in cui è sempre stata vista e le aspettative che la famiglia aveva su di lei.
Dalle pagine emerge chiaramente come le “varie” Laura Willowes sono tutti modi in cui gli altri la vedono e la incasellano e solo quella che sceglie di andare a vivere in una casetta in mezzo alla natura è la vera Laura Willowes.
Le descrizioni dei luoghi sono cruciali nell’esprimere le fasi della vita di Laura e trovo interessante che alla fine siano proprio determinati luoghi a rappresentare il diavolo. La brughiera infatti parla a Laura e la convince a stringere un patto.
Un bellissimo romanzo sull’emancipazione femminile che racconta la condizione delle donne all’epoca della scrittrice in cui l’elemento soprannaturale potrebbe anche non essere letto come tale e che può essere universalizzato come il desiderio di essere se stessi.
